È
difficile affrontare, in una sola opera, tutto lo scibile umano, trattando in
particolar modo le emozioni, le attitudini ed i comportamenti sociali. Al
contrario, “Il mosaico del buon senso”
offre una panoramica ben articolata e strutturata su argomenti di vario genere,
illustrandoli in maniera spesso provocatoria e senza peli sulla lingua.
In
questa miscellanea così sapientemente architettata, veniamo catapultati in un
mondo che ci sembra di conoscere così bene – quello dell’essere umano – eppure,
pagina dopo pagina, quelle poche certezze decadono inesorabilmente, di fronte
ad un’analisi elegante e verace.
L’autore,
l’illustre professore Alessandro Bertirotti, con la sua penna pungente, dipinge
il quadro di un’umanità spesso dilaniata tra ciò che è e ciò che vuole
apparire: per natura, noi uomini siamo socievoli, portati a costruire legami
duraturi e ad intessere relazioni empatiche con i nostri simili. Ma la realtà
di tutti i giorni, sovente, smentisce tali caratteristiche. Forse perché l’uomo
del III millennio ha edificato il suo essere più sulla sabbia, che sulla
roccia; ha preferito “vendersi” a dei cliché sociali di basso profilo, invece
di aderire alla sua più profonda moralità.
“Il mosaico del buon senso” ci parla della fatica di essere uomini e donne veri
in contrasto alla cultura dell’”effimero”, di rispondere alle nostre più intime
necessità, dando la priorità ai fondanti valori della vita.
Veniamo,
così, messi davanti a questioni “spinose”, di grandissima attualità: la
sessualità, le emozioni, la condotta sociale, la famiglia, la politica… tutti
temi largamente dibattuti e che conosciamo bene (o almeno così ci sembra!).
Ciò
che più colpisce, in questo libro tanto breve quanto intenso, è quello che
lascia dopo averlo letto: appena si termina un paragrafo, il lettore si
sofferma a riflettere su quelle parole; è come costretto a fare i conti con la
sua visione del mondo e perfino di se stesso, a mettere in gioco le sue
credenze e – perché no – a riformularle alla luce di quanto appreso. Queste
preziose pagine non lasciano indifferenti. Sicuramente, si potranno incontrare
punti di vista diversi, ma un pubblico attento e curioso troverà molte chiavi
di lettura, interessanti e profonde.
L’autore
non vuole indorare la pillola: ci trasmette quanto siano importanti i legami
familiari, quanto la scuola e le istituzioni debbano collaborare affinché si
crei una società consapevole ed una nuova generazione libera, ma responsabile
(e noi, oggi, sappiamo quanto sia essenziale avere dei punti di riferimento forti
e stabili). Ci fa comprendere quanto sia fondamentale non solo saper godere dei
momenti lieti che la vita ci offre, ma anche e soprattutto saper affrontare i
momenti bui e dolorosi, perché è proprio in quei frangenti che esce il meglio
di una persona, con tutta la sua forza e capacità di risollevarsi (“Ci sono sofferenze che scavano nella
persona come i buchi di un flauto, e la voce dello spirito ne esce melodiosa” –
V. Brancati). Ci proietta in una dimensione fatta di connessioni cerebrali
e di avvertimenti dati dal nostro cervello, perché le prime avvisaglie di
sentimenti positivi o negativi provengono proprio dal nostro sistema neuronale.
Ci sottolinea quanto sia vero il famoso motto “l’unione fa la forza”: in un
mondo che sembra andare verso l’autodistruzione, la collaborazione e
l’accettazione reciproca sono le chiavi di svolta per un futuro migliore. Ci
mostra come ognuno di noi sia diverso, nella sua unicità, a partire dalla
dicotomia uomo/donna, ma è da queste macro-differenze che si può costruire una
società sì variegata, però sempre cooperativa ed integrata con le esigenze di
ciascuno.
Ed
insieme a queste realtà “favorevoli”, troviamo affiancate quelle più oscure e
torbide, che spesso si annidano nell’animo umano: la tendenza di alcuni
individui alla violenza, allo stupro, allo sfruttamento della prostituzione o
alla pedofilia… Verità scomode e dolorose, che non vorremmo mai incontrare, ma
che, ahinoi, fanno parte di questa intricata umanità.
In
conclusione, dopo aver dato una personale opinione, che non vuole essere
esaustiva, ma solo offrire piccoli flash, affinché altri si accostino a questa
lettura, mi permetto di affermare che “Il
mosaico del buon senso” è uno dei libri più difficili che abbia mai letto,
non tanto nel registro stilistico o nel lessico utilizzati (anzi, da questo
punto di vista, l’ho trovato molto comprensibile ed alla portata di tutti, anche
di chi non ha dimestichezza con l’antropologia della mente – materia per eccellenza
del nostro brillante autore): è difficile perché obbliga ad interrogarsi
approfonditamente su importanti tematiche. E, si sa, mettersi in gioco non è
mai cosa semplice. Perché se ne può uscire “sconfitti”. Ma credo che, in questo
caso, non si tratti di sconfitta, quanto piuttosto di “arricchimento”: solo un
lettore dalla mente aperta, con una buona dose di umiltà e voglia di
intraprendere nuovi percorsi intellettuali, può accostarsi con piacere ed
interesse all’illuminante “Il mosaico
della mente”.
Chiara
Serreli.
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